Articolo n. 11
Conto corrente bancario: diritto alla rettifica di annotazioni e imputazione del pagamento agli interessi

La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 3858/2021 depositata lo scorso 15 febbraio, ha chiarito – in relazione ad un ricorso incidentale in Cassazione di una banca, di cui poi si dirà – importanti aspetti relativi alla materia del contenzioso bancario:
1) la configurabilità della prescrizione del diritto alla rettifica di un’annotazione in conto corrente;
2) l’imputazione al debito per interessi di una rimessa.

Quanto alla prima questione la Suprema Corte ha precisato che l’annotazione in conto corrente è la rappresentazione contabile di un diritto e non un diritto a sé stante; ne deriva che la rettifica del conto corrente potrà essere effettuata senza limiti di tempo, in caso di accoglimento dell’azione di nullità che abbia dichiarato l’illegittimità del titolo su cui era fondata la medesima annotazione.

Riguardo alla seconda problematica gli Ermellini hanno enunciato il principio di diritto che si riporta di seguito: “nei contratti di conto corrente bancario cui acceda un’apertura di credito, il meccanismo di imputazione del pagamento agli interessi, di cui all’art. 1194, comma II, c.c., trova applicazione solo ove sia configurabile un pagamento in senso tecnico-giuridico, ovvero in presenza di un versamento avente funzione solutoria in quanto eseguito su un conto corrente avente un saldo passivo che ecceda i limiti dell’affidamento; ne consegue che non può mai configurarsi un’imputazione ad interessi ex art. 1194, comma II, c.c., non essendo questi immediatamente esigibili, ove l’annotazione di tali interessi avvenga su un conto che presenti un passivo rientrante nei limiti dell’affidamento e neppure la stessa annotazione determini il superamento di tale limite, avendo la successiva rimessa una mera funzione ripristinatoria della provvista”.

L’iter processuale che ha portato alla pubblicazione della pronuncia in esame è partito da una sentenza del Tribunale di Lecce che, in accoglimento della domanda giudiziale avanzata da una società nei confronti di una banca, condannava quest’ultima al pagamento di addebiti illegittimi sul conto corrente a titolo di interessi ultra-legali, CMS e valuta fittizia in difetto di contrattazione.

Tale pronuncia è stata poi parzialmente riformata in sede di appello, in accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca sulla base della sentenza emessa dalle Sezioni Unite n. 24418/2010: più precisamente il giudice del gravame ha applicato il principio di diritto espresso dalle predette Sezioni Unite sulla differenza, in ambito di contratto di apertura di credito in conto corrente, tra versamenti solutori e ripristinatori, di fatto dichiarando la prescrizione delle rimesse solutorie effettuate nel decennio anteriore alla notifica della domanda giudiziale in relazione alle risultanze della CTU.

Quindi, la società ha proposto ricorso per Cassazione e la banca, a seguire, ha avanzato ricorso incidentale, asserendo, in primis, che la sentenza impugnata aveva ritenuto suscettibile di prescrizione il solo diritto del correntista di ripetere le somme indebitamente pagate e non anche il diritto di ottenerne la rettifica e che l’art. 2935 c.c. sarebbe stato da ritenersi incostituzionale poiché non prevedeva la decorrenza della prescrizione del diritto alla rettifica delle partite incluse nel conto corrente bancario dal giorno della relativa annotazione. Viene evidenziato, in particolare, che la sentenza delle Sezioni Unite n. 24418/10 si è occupata della questione della prescrizione limitatamente alla domanda di restituzione dei pagamenti indebiti effettuati dal correntista, senza pronunciarsi in ordine alla prescrizione del diritto alla rettifica del conto previsto dall’art. 1827, comma II, c.c., quale conseguenza della dichiarazione di nullità, annullamento, rescissione o risoluzione del titolo illegittimo.

In secondo luogo, la banca ha sostenuto che la distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie accolta dalla Corte di Appello di Lecce non aveva alcun fondamento giuridico in materia di ripetizione dell’indebito, posto che nella prospettiva della banca, anche una rimessa ripristinatoria presenterebbe le caratteristiche di un pagamento, comportando uno spostamento di ricchezza dal correntista alla banca, giacchè riduce o azzera l’esposizione debitoria del correntista nei confronti della banca, con il correlativo vantaggio di non dover pagare alla banca gli interessi passivi altrimenti dovuti. Poi, il pagamento di un debito non immediatamente esigibile – quale quello che nasce per effetto dell’utilizzo dell’apertura di credito – sarebbe dovuto rientrare anch’esso nella nozione di pagamento, costituendo un pagamento anticipato a norma dell’art. 1185, comma II, c.c..

Inoltre, ad avviso della banca, dato che l’art. 1194, comma II c.c. impone di imputare un pagamento prioritariamente al debito per interessi del correntista, una rimessa dovrebbe essere sempre e comunque prioritariamente imputata al debito per interessi; ciò sia che gli interessi vengano addebitati quando il conto era ancora passivo, incrementando il saldo passivo del conto, sia che sia proprio il loro addebito a determinare il superamento del limite del fido, sia che gli stessi vengano addebitati quando il conto era già scoperto per i precedenti addebiti. Nei tre casi, sempre ad avviso dell’istituto di credito, vi sarebbero interessi immediatamente esigibili, potendo la banca esigere, una volta erogato credito fino a revoca o scadenza, il pagamento degli interessi, anche ove il loro addebito sul conto non comporti il superamento del fido.

Nondimeno, la Corte di Cassazione, ritenendo infondate le difese della banca, ha rigettando il ricorso incidentale sollevato dalla stessa, risolvendo le questioni come in breve è stato già sopra riportato.
Per completezza, è opportuno evidenziare che tale pronuncia della Corte Suprema ha destato sin da subito critiche su molteplici profili da parte della dottrina; tuttavia, non si potrà che attendere per valutare l’impatto della pronuncia in parola sulla giurisprudenza di merito.