Articolo n. 10
Quando è possibile ritenere corretta una Segnalazione in Centrale Rischi

La Centrale dei rischi è una banca dati gestita dalla Banca d’Italia, contenente informazioni sui debiti di famiglie e imprese verso il sistema bancario e finanziario: è utile ai clienti che hanno una buona “storia creditizia” per ottenere un finanziamento più facilmente e a condizioni migliori e alle banche e alle società finanziarie per valutare la capacità dei clienti di restituire i finanziamenti concessi.

Ciò premesso, data la dannosità di un’eventuale scorretta segnalazione alla Centrale Rischi, tale segnalazione è soggetta ad una serie di regole, la cui violazione implica delle sanzioni a carico dell’Istituto di credito che l’ha prodotta e può portare al risarcimento del danno subito da chi è stato illegittimamente segnalato.

Sul punto ha avuto modo di esprimersi di recente la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3130 del 9 febbraio 2021, attraverso la quale sono stati chiariti alcuni passaggi utili a comprendere quando si può parlare di segnalazione illegittima.

Fermo restando, infatti, che la segnalazione alla Centrale dei Rischi non può che essere una conseguenza giuridica dell’inadempimento colposo del cliente, la Suprema Corte nel summenzionato provvedimento ha enunciato il seguente principio di diritto: “per stabilire se una banca abbia correttamente o meno segnalato alla Centrale dei Rischi l’inadempimento d’una obbligazione del cliente, non è sufficiente valutare ex post se, all’esito del giudizio tra banca e cliente, le eccezioni da questi frapposte all’adempimento dei propri obblighi si siano rivelate infondate; è necessario invece stabilire, con valutazione ex ante, se al momento in cui il cliente ha rifiutato l’adempimento delle proprie obbligazioni i motivi del rifiuto apparissero oggettivamente non infondati, e prospettati in buona fede. L’onere della relativa prova grava su chi domanda il risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi”.

Per giungere a detta statuizione gli Ermellini hanno inquadrato, in prima battuta, il contesto normativo di riferimento, evidenziando che la materia in esame è disciplinata da un coacervo di norme, prevalentemente secondarie, stratificate.

Nello specifico, la segnalazione dei crediti insoluti è regolamentata principalmente dagli artt. 53, comma I, lett. b), 67, comma I, lett. b) e 108 del TUB; dalla Delibera del CICR del 29 marzo 1994; dal Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, nella veste di Presidente del CICR, delll’11 luglio 2012, n. 663 e dalle Istruzioni e Circolari emanate dalla Banca d’Italia, con particolare riferimento alle Istruzioni per gli intermediari creditizi di cui alla Circolare n. 139/1991 e ss.mm.ii., nelle quali è stabilito che “l’appostazione a sofferenza (di un credito insoluto) implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può scaturire automaticamente da un mero ritardo di quest’ultimo nel pagamento del debito. La contestazione del credito non è di per sé condizione sufficiente per l’appostazione a sofferenza”.

Alla luce di ciò, si presuppone che l’intermediario creditizio che abbia provveduto a segnalare l’inadempimento abbia riscontrato “una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza” (Cass. n. 15609/2014); altrimenti si perverrebbe al paradossale risultato che anche il debitore che abbia sollevato un’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c.; oppure quello che abbia opposto al creditore un controcredito in compensazione; o ancora quello che intenda invocare l’annullabilità del contratto per vizio del consenso, si vedrebbero segnalati alla Centrale dei Rischi.

Pertanto, il giudice chiamato a valutare la legittimità di una segnalazione dovrà procedere con una valutazione ex ante, sia sul piano oggettivo, onde comprendere se le ragioni addotte dal debitore a fondamento del rifiuto di pagamento fossero sorrette almeno da un’apparente fondatezza, sia sul piano soggettivo, onde accertare la buona fede del debitore nel momento in cui adduceva le stesse ragioni di non adempimento, giacché è chiaro che la mala fede del debitore non può costituire uno escamotage per evitare le conseguenze dell’inadempimento.

La Corte, a corredo della propria pronuncia, precisa da ultimo che nel giudizio di risarcimento del danno da illegittima segnalazione alla Centrale dei Rischi l’onere della prova sarà ripartito secondo le regole ordinarie; ovvero, trattandosi di un illecito civile extracontrattuale, spetterà all’attore dimostrare la propria buona fede al momento in cui ha eccepito il credito, la colpa del creditore, l’esistenza del danno e il nesso di causa tra colpa e danno.